sabato 29 novembre 2014

Traccia parere in tema di 'concorso di persone nel reato. La cooperazione colposa nella gestione organizzata del rischio'.

Pubblichiamo di seguito la traccia del parere penale in tema di “concorso di persone nel reato. La cooperazione colposa nella gestione organizzata del rischio”, assegnata in occasione dell’incontro del 27 novembre 2014.

I pareri svolti dovranno essere consegnati in occasione dell’incontro di giovedì 4 dicembre.






TRACCIA

Tizio, a seguito di una serata trascorsa con gli amici, si faceva accompagnare in una strada vicino casa per proseguire a piedi.
Nel corso della serata Tizio aveva assunto, sia pur in modesta quantità, sostanze stupefacenti e alcool ma, a fine serata, appariva comunque tranquillo agli amici.
Nei pressi della strada dove si era fatto lasciare circolava una pattuglia di polizia i cui agenti, Caio e Sempronio, erano stati allertati dalle telefonate di alcuni cittadini che segnalavano la condotta molesta di un giovane (in seguito identificato in Tizio).
Gli agenti, vedendosi aggrediti da Tizio a colpi di karate e senza un motivo apparente, chiedevano immediatamente rinforzi.
Dopo poco tempo sopraggiungeva sul posto un’altra volante, con a bordo altri due poliziotti; di lì a poco avveniva la colluttazione tra Tizio e i quattro poliziotti.
Questi ultimi, dopo aver immobilizzato il ragazzo e averlo reso inoffensivo, iniziavano a percuoterlo con calci e manganellate.
Lo scontro diventava molto violento (durante la colluttazione due manganelli si spezzano), tanto che poco dopo sopraggiungeva la morte di Tizio causata da "asfissia da posizione", dovuta allo schiacciamento del torace sull'asfalto dalle ginocchia dei poliziotti.
Da precisare che, secondo i protocolli della Polizia di Stato, è fatto assoluto divieto agli agenti di intervenire con l’uso degli sfollagente per placare un soggetto in stato di agitazione, risultando più opportuno un approccio di tipo dialogico e medico-psichiatrico.
Alle 6.04 la prima pattuglia richiedeva alla propria centrale operativa l'invio di un'ambulanza del 118, per un sopraggiunto malore. Secondo i tabulati dell'intervento, alle 6.10 arrivò la chiamata da parte del 113 al più vicino pronto soccorso, che inviò sul posto un'ambulanza ed un' auto-medica, giunte sul posto rispettivamente alle 6.15 ed alle 6.18.
Nel frattempo, tuttavia, nessun tentativo di rianimazione veniva effettuato, nonostante la volante fosse dotata di defibrillatore e gli agenti, in possesso di competenze sanitarie e di pronto intervento, erano abilitati all’uso dello stesso.
All'arrivo sul posto il personale del 118 trovava il paziente riverso a terra, prono con le mani ammanettate dietro la schiena e in stato di incoscienza. L'intervento si concluse, dopo numerosi tentativi di rianimazione cardiopolmonare, con la constatazione sul posto del decesso di Tizio, per “arresto cardio-respiratorio e trauma cranico-facciale”.

Il candidato illustri, alla luce del fatto, l’ipotesi di reato che si prospetta, individuando la eventuale responsabilità dei soggetti e la sussistenza delle eventuali aggravanti e delle attenuanti con particolare attenzione alle singole posizioni considerate.

sabato 22 novembre 2014

Traccia e schema di atto di penale in tema di concussione ed induzione indebita.

Pubblichiamo di seguito la traccia del parere penale in tema di discrimen fra concussione e induzione indebita. Ipotesi controverse di peculato d’uso, assegnata dall’Avv. Vincenzo De Rosa in occasione dell’incontro del 20 novembre 2014.

I pareri svolti dovranno essere consegnati in occasione dell’incontro di giovedì 27 novembre.






TRACCIA ATTO DI PENALE
Nel gennaio del 2004, Tizio, docente universitario, nel corso di un colloquio con la studentessa Mevia, evidentemente impreparata rispetto ad un esame da sostenere pochi giorni dopo, prospetta a quest’ultima, con toni allusivi, la possibilità di superare agevolmente l’esame in questione, per di più con il massimo dei voti, qualora Mevia accetti di avere un rapporto sessuale con il professore.
Mevia, accettata la proposta di Tizio, fornisce a quest’ultimo la prestazione sessuale richiesta e, dopo pochi giorni, supera brillantemente il citato esame universitario.
Caio, assistente – da sempre vessato - del professor Tizio, pur avendo furtivamente ascoltato il colloquio intercorso tra quest’ultimo e Mevia, per lungo tempo si astiene dal denunciare quanto scoperto, temendo ritorsioni da parte del potente e vendicativo “barone” universitario.
Dopo molti anni, non avendo più nulla da temere, a seguito del pensionamento di Tizio, Caio si risolve a denunciare all’Autorità Giudiziaria i fatti di cui sopra.
A seguito di richiesta a rinvio a giudizio formulata dal Pm nel febbraio 2012, Tizio è tratto a giudizio per il reato di cui all’art. 317 c.p., delitto in relazione al quale viene condannato, in primo grado, con sentenza dell’ottobre 2012, alla pena di anni 4 di reclusione, “per avere, abusando del proprio potere,  costretto o comunque indotto Mevia a fornire utilità - rappresentate da una prestazione sessuale - da concedere in cambio dell’agevole superamento di un esame universitario”.
Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, in epoca successiva all’entrata in vigore della legge n. 190 del 6 novembre 2012, rediga l’appropriato atto giudiziario nell’interesse del proprio assistito.




Pubblichiamo di seguito lo schema utile ai fini della redazione dell’atto.




SCHEMA LEZIONE
A cura dell’Avv. Vincenzo De Rosa



QUADRO NORMATIVO

Vecchia Normativa:
Nuova Normativa ( introdotta da L. 6 novembre 2012, n. 190)

Art. 317.
Concussione.

Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni."

Art. 317.
Concussione.

Il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni.


Art. 319-quater.
Induzione indebita a dare o promettere utilità.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da tre a otto anni.
Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni.








ELABORAZIONE GIURISPRUDENZIALE

I tre orientamenti giurisprudenziali sul discremen tra art. 317 ed art. 319-quater:

I ORIENTAMENTO
II ORIENTAMENTO
III ORIENTAMENTO

la costrizione è ravvisabile nel comportamento del pubblico ufficiale che, ricorrendo a modalità di pressione molto intense e perentorie, ingenera nel privato una situazione di metus, derivante dall'abuso della qualità o della pubblica funzione, sì da limitare gravemente la libera determinazione del soggetto, ponendolo in una situazione di minorata difesa rispetto alla richiesta, esplicita o larvata, di denaro o di altra utilità;





l'induzione, si manifesta in un contegno del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, attraverso forme più blande di persuasione, di suggestione, anche tacita, o di atti ingannatori, determini il soggetto privato, consapevole dell'indebita pretesa e non indotto in errore dal pubblico agente, a dare o promettere a lui o a terzi denaro o altra utilità.

Criterio discretivo

l'intensità della pressione prevaricatrice, non disgiunta dai conseguenti effetti che spiega sulla psiche del destinatario.









Nella concussione, l'attività di pressione viene posta in essere con modalità più marcatamente intimidatorie, tali da provocare uno stato di soggezione in cui la libertà di autodeterminazione del concusso, pur non del tutto eliminata, finisce per essere notevolmente compressa, sì da rendere il destinatario dell'indebita pretesa "vittima" e, in quanto tale, non punibile.

Nella induzione, tale pressione si concretizza in una più tenue attività di suggestione, di persuasione o di pressione morale, che non condiziona gravemente la libertà di determinazione dell'indotto, il quale conserva - ed è per tale ragione punibile - un ampio margine di libertà di non accedere alla richiesta indebita proveniente dal pubblico agente

compie il reato di cui all'art. 317 c.p. chi costringe e cioè chi, abusando della sua qualità e dei suoi poteri, prospetta un danno ingiusto per ricevere indebitamente la consegna o la promessa di denaro o di altra utilità:
 il pubblico ufficiale prospetta che egli, violando la legge, recherà un detrimento;








compie il reato di cui all'art. 319-quater [c.p.] chi per ricevere indebitamente le stesse cose prospetta una qualsiasi conseguenza dannosa che non sia contraria alla legge:
il pubblico ufficiale prospetta che detto detrimento deriva o è consentito dall'applicazione della legge».




Criterio discretivo

l’oggetto della prospettazione: danno ingiusto e contra ius nella concussione; danno legittimo e secundum ius nella induzione.








Nella concussione, la costrizione consegue alla minaccia, intesa, secondo il linguaggio tecnico-giuridico (art.612c.p.), come prospettazione di un male ingiusto.
In tal caso è ragionevole, infatti, la più severa punizione di chi prospetta un danno ingiusto rispetto a colui che prospetta un pregiudizio conseguente all'applicazione della legge.

Nell'induzione,non può parlarsi tecnicamente di minaccia, perché il danno non è iniuria datum, manca quindi la costrizione, anche se il risultato viene comunque raggiunto, in quanto il privato è indotto alla promessa o alla consegna dell'indebito.
In tal caso è ragionevole la punizione anche del privato che, aderendo alla pretesa indebita, orienta il suo agire nell'ottica del tornaconto personale, ponendo così in essere una condotta rimproverabile.

 nella concussione il pubblico ufficiale, pur non ricorrendo a forme eclatanti di minaccia diretta, prospetta una alternativa "secca": condividere la richiesta indebita o subire un pregiudizio ingiusto; non è lasciato, in concreto, alcun margine apprezzabile di scelta; senza essere motivato da un interesse al conseguimento di un qualche vantaggio, il privato si determina alla promessa o alla dazione esclusivamente per scongiurare il pregiudizio minacciato (certat de damno vitando);

il privato è coautore del reato di induzione ed è punibile nel caso in cui conserva un margine apprezzabile di autodeterminazione sia perché la pressione del pubblico agente è più blanda, sia perché ha interesse a soddisfare la pretesa del pubblico funzionario per ottenere un indebito beneficio, che finisce per orientare la sua decisione (certat de lucro captando).


Criterio discretivo

il diverso effetto che la pressione del soggetto pubblico spiega sul soggetto privato, con la precisazione che, per le situazioni dubbie, deve farsi leva, in funzione complementare, anche sul criterio del vantaggio indebito perseguito dal secondo.




Non sempre è agevole differenziare nettamente la costrizione dall'induzione sulla base della maggiore o minore pressione psicologica esercitata dal pubblico agente e del grado di condizionamento del privato, essendovi situazioni al limite (c.d. "zona grigia") in cui «non è chiaro né è facilmente definibile se la pretesa del pubblico agente, proprio perché proposta in maniera larvata o subdolamente allusiva, ovvero in forma implicita o indiretta, abbia ridotto fino quasi ad annullarla o abbia solo attenuato la libertà di autodeterminazione del privato».
S'impone quindi, secondo tale orientamento per così dire "intermedio"la necessità di fare leva su un ulteriore elemento, che, con effetto integrativo, sia in grado di delineare una più netta linea di demarcazione tra i concetti di costrizione e di induzione. Tale indice integrativo va colto nel tipo di vantaggio che il destinatario della pretesa indebita consegue nell'aderire alla stessa




INTERVENTO DELLE SS.UU.: SENT. N. 12228 del 24/10/2013

IL QUESITO DEVOLUTO
 RATIO DELLA RIFORMA
CRITICA AI TREORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

«quale sia, a seguito della legge 6 novembre 2012, n. 190, la linea di demarcazione tra la fattispecie di concussione (prevista dal novellato art. 317 c.p.) e quella di induzione indebita a dare o promettere utilità (prevista dall'art. 319-quater c.p. di nuova introduzione) soprattutto con riferimento al rapporto tra la condotta di costrizione e quella di induzione e alle connesse problematiche di successione di leggi penali nel tempo»
A tale approdo il legislatore del 2012 è pervenuto sotto la spinta di due fondamentali ragioni: una di carattere interno, necessità di contrastare più efficacemente il fenomeno della corruzione; l’altra di carattere internazionale, esigenza di adeguare la normativa interna agli obblighi internazionali assunti dal nostro Paese con la Convenzione delle Nazioni Unite sulla corruzione (Convenzione di Merida), adottata il 31 ottobre 2003 (ratificata in Italia con la legge 3 agosto 2009, n. 116), e con la Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio di Europa del 27 gennaio 1999, (ratificata in Italia con la legge 28 giugno 2012, n. 110).

La ratio della riforma sta quindi proprio nell'esigenza, ripetutamente manifestata in sede internazionale e sollecitata anche da una situazione emergenziale interna, di chiudere ogni possibile spazio d'impunità al privato che, non costretto ma semplicemente indotto da quanto prospettatogli dal pubblico funzionario disonesto, effettui in favore di costui una dazione o una promessa indebita di denaro o di altra utilità.
Ciascuno di tali orientamenti evidenzia aspetti  condivisibili, ma non autosufficienti, se isolatamente considerati, a fornire un sicuro criterio discretivo.
Il primo modello esegetico, pur delineando correttamente, dal punto di vista teoretico, le nozioni di "costrizione" ed "induzione", affida la sua scelta ad un'indagine psicologica dagli esiti improbabili, che possono condurre ad una deriva di arbitrarietà.
Il secondo ha indubbiamente il pregio di individuare indici di valutazione oggettivi e sicuramente utilizzabili ai fini de quibus, ma incontra il limite della radicale nettezza argomentativa che lo contraddistingue, la quale mal si concilia con l'esigenza di apprezzare l'effettivo disvalore di quelle situazioni "ambigue” frequentemente evidenziate nella pratica.
Il terzomostra passaggi argomentativi che possono creare qualche equivoco, laddove, pur sostenendo che, in situazioni "al limite", il criterio della intensità della pressione deve essere integrato da quello del vantaggio indebito, sembra comunque riservare, in relazione ad altre non meglio specificate situazioni, un'autonoma valenza alla verifica "soggettivizzante", replicando i limiti del primo orientamento.

GLI ELEMENTI COMUNI ALLE DUE FATTISPECIE
LA COSTRIZIONE EX ART. 317 C.P.
LA INDUZIONE EX ART. 319-QUATER C.P.

la condotta di costrizione e quella di induzione richiamate rispettivamente dall'art. 317 (come sostituito) e dall'art. 319-quater c.p. sono accomunate, oltre che da uno stesso evento (dazione o promessa dell'indebito), da una medesima modalità di realizzazione: l'abuso della qualità o dei poteri dell'agente pubblico.






LA NOZIONE DI ABUSO

«strumentalizzazione da parte del soggetto pubblico di una qualità effettivamente sussistente (abuso della sua qualità) o delle attribuzioni ad essa inerenti (abuso dei suoi poteri) per il perseguimento di un fine immediatamente illecito».
 In sostanza, nelle richiamate norme, l'abuso è indicativo dell'esistenza, in capo all'agente pubblico, di un diritto all'uso della qualità o dei poteri, che viene però deviato dalla sua funzione tipica.

L'abuso non è un presupposto del reato ma integra un elemento essenziale e qualificante della condotta di costrizione o di induzione, nel senso che costituisce il mezzo imprescindibile per ottenere la dazione o la promessa dell'indebito.
L'abuso, quindi, è lo strumento attraverso il quale l'agente pubblico innesca il processo causale che conduce all'evento terminale: il conseguimento dell'indebita dazione o promessa.

La condotta tipica delle due figure criminose in esame non risiede, quindi, esclusivamente nella costrizione o nella induzione bensì primariamente nell'abuso, che è legato da nesso di causalità con lo stato psichico determinato nel soggetto privato ed è idoneo, in ulteriore sequenza causale e temporale, a provocare la dazione o la promessa dell'indebito.

ABUSO DELLA QUALITA’
(c.d. abuso soggettivo)
consiste nell'uso indebito della posizione personale rivestita dal pubblico funzionario e, quindi, nella strumentalizzazione da parte di costui non di una sua attribuzione specifica, bensì della propria qualifica soggettiva - senza alcuna correlazione con atti dell'ufficio o del servizio - così da fare sorgere nel privato rappresentazioni costrittive o induttive di prestazioni non dovute.
Ovviamente l'abuso della qualità, per assumere rilievo come condotta costrittiva o induttiva, deve sempre concretizzarsi in un facere (non è configurabile in forma omissiva) e deve avere una efficacia psicologicamente motivante per il soggetto privato: costui cioè deve comunque avvertire la possibile estrinsecazione dei poteri del pubblico agente, con conseguenze per sé pregiudizievoli o anche ingiustamente favorevoli e, proprio per scongiurare le prime o assicurarsi le seconde, decide di aderire all'indebita richiesta.

ABUSO DEI POTERI
(c.d. abuso oggettivo)
consiste nella strumentalizzazione da parte del pubblico agente dei poteri a lui conferiti, nel senso che questi sono esercitati in modo distorto, vale a dire per uno scopo oggettivamente diverso da quello per cui sono stati conferiti e in violazione delle regole di legalità, imparzialità e buon andamento dell'attività amministrativa.
Tale abuso va ricondotto alle seguenti ipotesi: a) esercizio dei poteri fuori dei casi previsti dalla legge; b) mancato esercizio di tali poteri quando sarebbe doveroso esercitarli; c) esercizio dei poteri in modo difforme da quello dovuto; d) minaccia di una delle situazioni descritte; e)l'esercizio strumentale di un'attività oggettivamente lecita e doverosa per ottenere un'indebita utilità (es: agente di P.G. che, nellaflagranza di uno dei reati di cui all'art. 380 c.p.p., prospetti la possibilità di non eseguire l'arresto,  obbligatorio, in cambio di una prestazione indebita).
L'abuso di poteri, a differenza dell'abuso di qualità, può realizzarsi anche in forma omissiva.Il pubblico funzionario, infatti, può deliberatamente astenersi dall'esercitarli, ricorrendo a sistemi defatigatori di ritardo, di ostruzionismo volti a conseguire la dazione o la promessa di denaro o di altra utilità in cambio del sollecito compimento dell'atto richiesto.


La costrizione indica, in via generale, una "eterodeterminazione" dell'altrui volontà, nel senso che si obbliga taluno a compiere un'azione che altrimenti non sarebbe stata compiuta o ad astenersi dal compiere un'azione che altrimenti sarebbe stata compiuta.
La costrizione va intesa come costrizione psichica relativa (vis compulsiva), in quanto, mediante la condotta abusiva, si pone la vittima di fronte all'alternativa secca di aderire all'indebita richiesta oppure di subire le conseguenze negative di un suo rifiuto, restringendo così notevolmente, senza tuttavia annullarlo, il potere di autodeterminazione del soggetto privato.





la costrizione evoca una condotta di violenza o di minaccia. (La minaccia, in particolare, quale vis compulsiva, ingenera ab extrinseco il timore di un male contra ius, per scongiurare il quale il destinatario finisce con l'aderire alla richiesta dell'indebita dazione o promessa)




MODALITA’ DI ESTRINSECAZIONE DELLA CONDOTTA COSTRITTIVA:

VIOLENZA





La violenza è concepibile come mezzo di realizzazione del reato in esame nell'ipotesi in cui il soggetto attivo disponga di poteri di contenzione o di immobilizzazione (si pensi alle forze di polizia), ipotesi questa - in verità - di rara attuazione, come dimostra la copiosa casistica giurisprudenziale relativa a fatti di concussione realizzati normalmente con minacce.
Del resto, ove, facendo ricorso alla violenza, questa cagioni l'effetto di ottenere dalla vittima quanto impostole senza annullarne del tutto la libertà di autodeterminazione (vis compulsiva), tale modalità di condotta tende, nel reato di cui all'art. 317 c.p., a confondersi per lo più con una minaccia particolarmente efficace, esercitata - per così dire - in re e non in verbis.


MINACCIA





l'essenza della minaccia, quale forma di violenza morale, risiede nella prospettazione ad altri di un male futuro ed ingiusto, che è nel dominio dell'agente realizzare.

Il danno oggetto della minaccia, per essere ingiusto in senso giuridico, deve essere contra ius, vale a dire contrario alla norma giuridica e lesivo di un interesse personale o patrimoniale della vittima riconosciuto dall'ordinamento.

La minaccia non necessariamente deve concretizzarsi in espressioni esplicite e brutali, ma potrà essere anche implicita (si pensi ai casi di ostruzionismo a mezzo del quale il soggetto attivo fa comprendere che solo con la dazione o con la promessa dell'indebito una richiesta legittima del privato potrà essere esaudita), velata, allusiva, più blanda ed assumere finanche la forma del consiglio, dell'esortazione, della metafora, purché tali comportamenti evidenzino, in modo chiaro, una carica intimidatoria analoga alla minaccia esplicita, vi sia cioè una "esteriorizzazione" della minaccia, pur implicita o sintomatica, come forma di condotta positiva.



IN CONCLUSIONE


È il contenuto di tale abuso, che si concretizza, al di là del dato formale, nel prospettare alla vittima un danno ingiusto (contra ius), a integrare la costrizione ed a porre il soggetto passivo in una condizione di sostanziale mancanza di alternativa, vale a dire con le spalle al muro: evitare il verificarsi del più grave danno minacciato, che altrimenti si verificherà sicuramente, offrendo la propria disponibilità a dare o promettere una qualche utilità (danno minore) che sa essere non dovuta (certat de damno vitando).

Una simile situazione intuitivamente giustifica, in base ai valori e ai principi che ispirano l'ordinamento penale, il ruolo di vittima che la parte esterna all'amministrazione assume




Deve rimanere estranea alla sfera psichica e alla spinta motivante dell'extraneus qualsiasi scopo determinante di vantaggio indebito, considerato che, in caso contrario, il predetto non può essere ritenuto vittima agli effetti dell'art. 317 c.p., perché finisce per perseguire, con la promessa o con il versamento dell'indebito, un proprio tornaconto, divenendo co-protagonista della vicenda illecita.

Antigiuridicità del danno prospettato dal pubblico ufficiale ed assenza di un movente opportunistico di vantaggio indebito per il privato sono i parametri di valutazione che denunciano lo "stato di costrizione" ex art. 317 c.p.

il verbo "indurre" spiega una funzione di selettività residuale rispetto al verbo "costringere" presente nell'art. 317 c.p., nel senso che copre quegli spazi non riferibili alla costrizione, vale a dire quei comportamenti del pubblico agente, pur sempre abusivi e penalmente rilevanti, che non si materializzano però nella violenza o nella minaccia di un male ingiusto e non pongono il destinatario di essa di fronte alla scelta ineluttabile ed obbligata tra due mali parimenti ingiusti.Ciò trova riscontro nella clausola di riserva contenuta nell'art. 319-quater, comma 1, c.p., il cui incipit testualmente recita: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato».

La funzione di questa clausola di progressività di disvalore, non può che essere quella di fare riferimento - per il pubblico ufficiale - al reato di concussione e - per l'incaricato di pubblico servizio - eventualmente a quello di estorsione aggravata. Il legislatore, infatti, seguendo una tecnica di codificazione alquanto approssimata, sembra essere stato ancora condizionato dalla polivalenza semantica che la nozione di induzione, intesa in senso generico, assume, ricomprendendovi impropriamente sia condotte che determinano una costrizione, sia condotte che tale effetto non producono; ha inteso quindi, con la clausola di riserva, tracciare il confine che separa la condotta di induzione in senso proprio da quella di costrizione, sottolineando che la prima deve concretizzarsi in atteggiamenti non inquadrabili nella seconda.





La previsione della punibilità del privato è il vero indice rivelatore del significato dell'induzione:
la ratio della norma incriminatrice impone di allegare conseguentemente al termine "induzione" il preciso significato di alterazione del processo volitivo altrui, che, pur condizionato da un rapporto comunicativo non paritario, conserva, rispetto alla costrizione, più ampi margini decisionali, che l'ordinamento impone di attivare per resistere alle indebite pressioni del pubblico agente e per non concorrere con costui nella conseguente lesione di interessi di importanza primaria, quali l'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione.




Occorre orientare il fascio di luce, oltre che sulla condotta del pubblico agente, anche sugli effetti che si riverberano sulla volontà del privato e verificare se quest'ultima, nel suo processo formativo ed attuativo, sia stata "piegata" dall'altrui sopraffazione ovvero semplicemente "condizionata" od "orientata" da pressioni psichiche di vario genere, diverse però dalla violenza o dalla minaccia e prive del relativo carattere aggressivo e coartante: nel primo caso, è integrato il paradigma della concussione; nel secondo, quello della induzione indebita.

La minaccia (o la violenza nei limiti più sopra precisati) evocata dal concetto di costrizione è modalità della condotta tipica della concussione ed è estranea alla induzione indebita.Il concetto di minaccia, come già precisato, presuppone un autore e una vittima e mai nell'ordinamento penale - rilievo che, di per sé, ha carattere dirimente - il destinatario di una minaccia, intesa in senso tecnico-giuridico, è considerato un correo. L'ordinamento anzi, con la disposizione di cui all'art. 54, comma terzo, c.p., colui che commette un reato nello stato di necessità determinato dall'altrui minaccia possa rivestire il ruolo di concorrente nell'illecito. Argomentando a contrario, dove non vi è vittima non può esservi per definizione minaccia.





Il criterio discretivo tra costrizione e  induzione:

più che essere affidato alla dicotomia male ingiusto-male giustola quale può crearequalche equivoco interpretativo, deve essere ricercato nella dicotomia minaccia-non minaccia, che è l'altro lato della medaglia rispetto alla dicotomia costrizione-induzione, evincibile dal dato normativo.




MODALITA’ DI ESTRINSECAZIONE DELLA CONDOTTA INDUTTIVA:

Le modalità della condotta induttiva non possono che concretizzarsi nella persuasione,suggestione, allusione, nel silenzio, nell'inganno (sempre che quest'ultimo non verta sulla doverosità della dazione o della promessa, del cui carattere indebito il privato è conscio; diversamente configurandosi il reato di truffa), anche collegati e combinati tra di loro, purché tali atteggiamenti non si risolvano nella minaccia implicita, da parte del pubblico agente, di un danno antigiuridico, senza alcun vantaggio indebito per l'extraneus.
È il vantaggio indebito che, al pari della minaccia tipizzante la concussione, assurge al rango di "criterio di essenza" della induzione, il che giustifica, in coerenza con i principi fondamentali del dir. penale e con i valori Cost. (colpevolezza, pretesa punitiva dello Stato, proporzione e ragionevolezza), la punibilità dell'indotto.

ESSENZA DELLA DICOTOMIA
CONCUSSIONE/INDUZIONE
I CASI PROBLEMATICI
INDUZIONE E CORRUZIONE

In sostanza, nel percorrere una linea ermeneutica costituzionalmente orientata, è necessario farsi guidare dall'esigenza, imposta dall'art. 27, comma primo, Cost., di giustificare la punibilità del privato per il disvalore insito nella condotta posta in essere, disvalore ravvisabile, più che nella mancata resistenza all'abuso esercitato dal pubblico agente (aspetto, questo, "derivato"), soprattutto nel fatto di avere approfittato di tale abuso per perseguire un proprio vantaggio ingiusto.





Latipicità della fattispecie induttiva è quindi integrata dai seguenti elementi: 1) l'abuso prevaricatore del pubblico agente; 2) il fine determinante di vantaggio indebito dell'extraneus.

Conclusivamente, il funzionario pubblico, ponendo in essere l'abuso induttivo, opera comunque da una posizione di forza e sfrutta la situazione di debolezza psicologica del privato, il quale presta acquiescenza alla richiesta non certo per evitare un danno contra ius, ma con l'evidente finalità di conseguire un vantaggio indebito (certat de lucro captando).


Può affermarsi che l'induzione «non costringe ma convince»: il soggetto privato cede alla richiesta del pubblico agente non perché coartato e vittima del metus nella sua espressione più forte, ma nell'ottica di trarre un indebito vantaggio per sé (scongiurare una denuncia, un sequestro, un arresto legittimi; assicurarsi comunque un trattamento di favore), attivando così una dinamica completamente diversa da quella che contraddistingue il rapporto tra concussore e concusso e ponendosi, pur nell'ambito di un rapporto intersoggettivo asimmetrico, in una logica negoziale, che è assimilabile a quella corruttiva - sintomatica la collocazione topografica dell'art. 319-quater c.p. in calce ai delitti di corruzione - e conduce, se non ad escludere, quanto meno ad attenuare notevolmente anche il metus publicae potestatis, concettualmente poco conciliabile con la scelta opportunistica ed avvertito solo come oggettiva "soggezione" alla posizione di preminenza del funzionario pubblico.




la netta differenza, normativamente delineata, tra la posizione del concusso, che è vittima del reato, e quella dell'indotto, che concorre nel reato, impone l'indagine sulle spinte motivanti che hanno sorretto, in particolare, la condotta di tali soggetti.

Non possono però sottovalutarsi casi più ambigui, border line, che si collocano al confine tra concussione e induzione indebita, per i quali non sempre è agevole affidarsi, quasi in automatico, ai parametri qui privilegiati.



Tali parametri (danno contra ius e vantaggio indebito) possono trovare entrambi riscontro in una determinata situazione o evidenziare, se isolatamente considerati,  scarsa valenza interpretativa, sicché, onde evitare soluzioni confuse, devono essere apprezzati, non nella loro staticità, ma nella loro dinamicità, enucleando, sulla base di una valutazione approfondita del fatto, il dato di maggiore significatività.

CASI PROBLEMATICI:

1) abuso di qualità

il pubblico funzionario fa pesare, per conseguire la dazione o la promessa dell'indebito, tutto il peso della sua posizione soggettiva, senza alcun riferimento al compimento di uno specifico atto del proprio ufficio o servizio.
L'abuso soggettivo, evidenziando indici di equivocità, si presta ad una duplice plausibile lettura, in quanto può porre il privato in una condizione di pressoché totale soggezione, determinata dal timore di possibili ritorsioni antigiuridiche, per evitare le quali finisce con l'assecondare la richiesta; ovvero può indurre il privato a dare o promettere l'indebito, per acquisire la benevolenza del pubblico agente, foriera potenzialmente di futuri favori, posto che il vantaggio indebito, sotto il profilo contenutistico, può consistere, oltre che in un beneficio determinato e specificamente individuato, anche in una generica "disponibilità clientelare" del pubblico agente.

Esempio
poliziotto che, dopo avere consumato un pranzo con amici in un ristorante, facendo valere il suo status, pretenda di non pagare il conto o di saldarlo in maniera quasi simbolica.

Soluzione
E’ necessario contestualizzare la complessiva vicenda, valutare ogni particolare delle modalità comportamentali del pubblico ufficiale e del ristoratore, per stabilire se il primo abbia veicolato un univoco messaggio di sopraffazione verso il secondo, sì da porre quest'ultimo in una condizione di vera e propria coercizione (concussione), ovvero se tra i due interlocutori, nonostante la posizione di preminenza dell'uno sull'altro, si sia comunque instaurata una dialettica utilitaristica, eziologicamente rilevante sotto il profilo motivazionale (induzione indebita).

2) minaccia-offerta

Può accadere che il pubblico agente non si sia limitato a minacciare un danno ingiusto, ma abbia allettato contestualmente il suo interlocutore con la promessa di un vantaggio indebito.

Esempio
Minaccia dell’illegittima ed arbitraria esclusione da una gara d'appalto, con contestuale promessa di aggiudicazione certa dell'appalto pubblico a scapito dei concorrenti, in cambio della dazione indebita.

Soluzione
È necessario accertare se il vantaggio indebito annunciato abbia prevalso sull'aspetto intimidatorio, sino al punto da vanificarne l'efficacia, e se il privato si sia perciò convinto di scendere a patti, pur di assicurarsi, quale ragione principale e determinante della sua scelta, il lucroso contratto.


3) bilanciamento beni in gioco.

Casi in cui il privato, nonostante abbia conseguito, prestando acquiescenza all'indebita richiesta del pubblico agente, un trattamento preferenziale, si sia venuto sostanzialmente a trovare in uno stato psicologico di vera e propria costrizione, assimilabile alla coazione morale di cui all'art. 54, comma terzo, c.p., con conseguente decisiva incidenza negativa sulla sua libertà di autodeterminazione.
Il riferimento è a quelle situazioni in cui l'extraneus, attraverso la prestazione indebita, intende soprattutto preservare un proprio interesse di rango particolarmente elevato (si pensi al bene vita, posto in pericolo da una grave patologia); oppure, di fronte ad un messaggio comunque per lui pregiudizievole e al di là del danno ingiusto o giusto preannunciato, sacrifica, con la prestazione indebita, un bene strettamente personale di particolare valore (libertà sessuale), e ciò in spregio a qualsiasi criterio di proporzionalità, il che finisce con l'escludere lo stesso concetto di vantaggio indebito.

Esempio 1
Caso del primario dell'unità operativa di cardiochirurgia di struttura pubblica, il quale, per operare personalmente e con precedenza su altri un paziente, pretenda dal medesimo, allarmandolo circa l'urgenza dell'intervento "salvavita", una certa somma di denaro. È indubbio che il paziente, accondiscendendo alla richiesta del medico, si assicura un trattamento di favore rispetto ad altri pazienti non disposti a cedere all'abuso. In realtà, però, non è questa finalità a guidare il suo processo volitivo, che rimane invece gravemente condizionato dalla componente coercitiva evincibile dall'intero contesto: intervento al cuore potenzialmente salvifico, condizionato al pagamento indebito, omettendo il quale, il paziente avverte di esporre a grave rischio la propria vita

Soluzione
Tale ipotesi non può che essere ricondotta nel paradigma della concussione.

Esempio 2
Caso del poliziotto che avvicina una prostituta extracomunitaria, che, priva di permesso di soggiorno, esercita per strada il meretricio, e, dopo averle chiesto i documenti, la invita perentoriamente a seguirlo per consumare un rapporto sessuale gratuito.

Soluzione
l'esercizio dei poteri di polizia si appalesa deviato dal fisiologico schema funzionale ed assume evidenti connotati di prevaricazione costrittiva per il coinvolgimento nella pretesa indebita di un bene fondamentale della persona (libertà sessuale) ed in assenza di sintomi di adesione, sia pure "indotta", della donna, e ciò a prescindere dalla natura ingiusta o giusta del danno oggetto del messaggio veicolato dal poliziotto.


L'induzione indebita a dare o promettere utilità si colloca figurativamente in una posizione intermedia tra la condotta sopraffattrice, propria della concussione, e lo scambio corruttivo, quasi a superamento del cosiddetto canone della mutua esclusività di questi due illeciti: la fattispecie di cui all'art. 319-quater c.p., infatti, sembrerebbe configurarsi, con riferimento al soggetto pubblico, come una "concussione attenuata" e, con riferimento al soggetto privato, come una "corruzione mitigata dall'induzione".



Delicata appare la distinzione tra il delitto di induzione indebita e le fattispecie corruttive, in considerazione del rilievo che il primo occupa una posizione intermedia tra la concussione e l'accordo corruttivo vero e proprio.
Per una corretta soluzione del problema, l'elemento differenziatore tra i due illeciti deve essere apprezzato cogliendo le connotazioni del rapporto intersoggettivo tra il funzionario pubblico e l'extraneus e, segnatamente, la presenza o meno di una soggezione psicologica del secondo nei confronti del primo.

Ciò che rileva è il diverso modo con cui l'intraneus, nei due delitti, riesce a realizzare l'illecita utilità: la corruzione è caratterizzata, come si è detto, da un accordo liberamente e consapevolmente concluso, su un piano di sostanziale parità sinallagmatica, tra i due soggetti, che mirano ad un comune obiettivo illecito; l'induzione indebita, invece, è designata da uno stato di soggezione del privato, il cui processo volitivo non è spontaneo ma è innescato, in sequenza causale, dall'abuso del funzionario pubblico, che volge a suo favore la posizione di debolezza psicologica del primo.




Indice sintomatico dell'induzione è quello dell'iniziativa assunta dal pubblico agente. Il requisito che contraddistingue, nel suo peculiare dinamismo, la induzione indebita e la differenzia dalle fattispecie corruttive è la condotta comunque prevaricatrice dell'intraneus, il quale, con l'abuso della sua qualità o dei suoi poteri, convince l'extraneus alla indebita dazione o promessa. le condotte corruttive non sono svincolate dall'abuso della veste pubblica, ma tale abuso si atteggia come connotazione (di risultato) delle medesime e non svolge il ruolo, come accade nei reati di concussione e di induzione indebita, di strumento indefettibile per ottenere, con efficienza causale, la prestazione indebita.














I principi di diritto conclusivamente affermati dalle SS.UU.

DISTINZIONE TRA CONCUSSIONE E INDUZIONE
(E CORRUZIONE)
SUCCESSIONE DI LEGGI PENALI NEL TEMPO
QUESTIONE DELL’INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO

 «il reato di cui all'art. 317 c.p., come novellato dalla legge n. 190 del 2012, è designato dall'abuso costrittivo del pubblico ufficiale, attuato mediante violenza o - più di frequente - mediante minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius, da cui deriva una grave limitazione, senza tuttavia annullarla del tutto, della libertà di autodeterminazione del destinatario, che, senza alcun vantaggio indebito per sé, è posto di fronte all'alternativa secca di subire il male prospettato o di evitarlo con la dazione o la promessa dell'indebito»;

 «il reato di cui all'art. 319-quater c.p., introdotto dalla legge n. 190 del 2012, è designato dall'abuso induttivo del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, vale a dire da una condotta di persuasione, di suggestione, di inganno (purché quest'ultimo non si risolva in induzione in errore sulla doverosità della dazione), di pressione morale, con più tenue valore condizionante la libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale, il che lo pone in una posizione di complicità col pubblico agente e lo rende meritevole di sanzione»;

«nei casi c.d. ambigui, quelli cioè che possono collocarsi al confine tra la concussione e l'induzione indebita (la c.d. "zona grigia": abuso della qualità, prospettazione di un male indeterminato, minaccia-offerta, bilanciamento tra beni giuridici coinvolti nel conflitto decisionale), i criteri di valutazione del danno antigiuridico e del vantaggio indebito, che rispettivamente contraddistinguono i detti illeciti, devono essere utilizzati nella loro operatività dinamica all'interno della vicenda concreta, individuando, all'esito di approfondita valutazione complessiva del fatto, i dati più qualificanti».

«il reato di concussione e quello di induzione indebita si differenziano dalle fattispecie corruttive, in quanto i primi due illeciti richiedono, entrambi, una condotta di prevaricazione abusiva del funzionario pubblico, idonea, a seconda dei contenuti che assume, a costringere o a indurre l'extraneus, comunque in posizione di soggezione, alla dazione o alla promessa indebita, mentre l'accordo corruttivo presuppone la par condicio contractualis ed evidenzia l'incontro assolutamente libero e consapevole delle volontà delle parti»

«v'è continuità normativa, quanto al pubblico ufficiale, tra la previgente concussione per costrizione e il novellato art. 317 c.p., la cui formulazione è del tutto sovrapponibile, sotto il profilo strutturale, alla prima, con l'effetto che, in relazione ai fatti pregressi, va applicato il più favorevole trattamento sanzionatorio previsto dalla vecchia norma»;

«sussiste continuità normativa, quanto alla posizione del pubblico agente, tra la concussione per induzione di cui al previgente art. 317 c.p. e il nuovo reato di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all'art. 319-quater c.p., considerato che la pur prevista punibilità, in quest'ultimo, del soggetto indotto non ha mutato la struttura dell'abuso induttivo, ferma restando, per i fatti pregressi, l'applicazione del più favorevole trattamento sanzionatorio di cui alla nuova norma»;

N.B:La previsione della punibilità, ex art. 319-quater, comma secondo, c.p., del soggetto indotto, in precedenza considerato vittima, sarà operativa, ovviamente, solo per i fatti commessi dopo l'entrata in vigore della detta norma, in applicazione dell'art. 2, comma primo, c.p.

Con riferimento, in particolare, alla concussione per costrizione di cui al novellato art. 317 c.p., dalla formulazione testuale della norma è stata espunta la categoria soggettiva dell'incaricato di pubblico servizio, il quale, però, ove abbia posto in essere una condotta costrittiva, qualificata dall'abuso di poteri, continua a dover essere punito, considerato che tale condotta, nella sua struttura, rimane comunque inquadrabile in altre fattispecie incriminatrici di "diritto comune" (il reato di estorsione aggravata ex artt. 629 e 61, comma primo, n. 9 c.p. in presenza di deminutio patrimonii; ovvero, difettando questa, il reato di violenza privata aggravata ex artt. 610 e 61, comma primo, n. 9 c.p.; od ancora, se la vittima è stata costretta a prestazioni sessuali, il reato di cui all'art. 609-bis c.p.) che strutturalmente condividono la stessa fisionomia della vecchia fattispecie di concussione per costrizione.

Ovviamente, in sede di diritto intertemporale, deve essere individuato e applicato il regime sanzionatorio più favorevole.